mercoledì 20 aprile 2005

Habemus Papam: Benedetto XVI

Quella di ieri sera alle 17.50 è stata una grande emozione: è la prima volta che assisto all'elezione di un Papa.
La fumata bianca è incerta, sembra grigia all'inizio, indecisa, ma l'orologio parla chiaro e anche il fumo lo è sempre di più. Non ho potuto resistere, l'emozione era tanta, e ho avvisato i miei genitori, mia sorella, un'amica di quello che stava succedendo.
Per i successivi 50 minuti il mio cuore batteva forte, la gente correva lungo Via della Conciliazione, io mi chiedevo: "chi sarà, chi avranno eletto?", non era improbabile che si trattasse di Joseph Ratzinger. Così è stato.
Un'eco dolce di Papa Karol, quando il Protodiacono, cardinal Medina, si è rivolto in cinque lingue ai "Cari fratelli e sorelle" per dare l'annuncio.
Poi l'emozione sincera sul volto di Joseph Ratzinger, ora Benedetto XVI. Sono le 18.40 del 19 aprile 2005.
Non nascondiamoci dietro a un dito: ci sono ambienti della Chiesa (intesa anche come fedeli) che non sono d'accordo con questa scelta. L'idea è quella che questo Papa sia un teutonico, duro conservatore. Io penso che ancora non lo sappiamo e che bisogna aspettare, e avere fede, prima di esprimere un giudizio così netto.
Non potevamo illuderci di avere un "Giovanni Paolo II bis": è un peso enorme credo per il suo successore, essere tale appunto.
Cerchiamo di essere moderati, miti. D'altra parte è vera una cosa, lo ripeto: Giovanni Paolo II era una persona rigorosa, è illusorio credere che oltre alla sua grande capacità di comunicazione, alla sua umanità, non ci fosse anche una grande forza nel testimoniare la fede. Se così non fosse stato, non credo che la sua morte avrebbe potuto essere quel segno tangibile e forte di fede che è stata. E penso anche riprendendo le parole di Vittorio Messori, vaticanista del Corriere della Sera, che era proprio per il suo rigore, per la sua forza che Papa Wojtyla era amato dai giovani: perché rappresentava un punto di riferimento. E di questo, non neghiamolo, c'era e c'è tanto bisogno.
Un altro pensiero che in questi giorni quasi mi "disturba": ogni tanto capita di parlare con persone che non credono. Premesso che io rispetto sinceramente l'opinione altrui, di una cosa non posso fare a meno di rattristarmi, cioè di come spesso la Chiesa venga tacciata di intolleranza, di rigidità, ma nei confronti di chi si dice cristiano non ci sia la stessa tolleranza che quelle persone chiedono. Il cristiano, soprattutto giovane, ogni tanto si sente guardato come un animale raro, che crede e difende una cosa fuori dal tempo e immutabile...come parte di una minoranza destinata a estinguersi...
Chiariamoci, so che non è che chi non crede automaticamente auspichi che la Chiesa scompaia con tutti i suoi fedeli, però in certi momenti è difficile manifestare la fede, soprattutto quando magari attraversi una fase di dubbio. Eppure adesso sono più che mai conscia di quanto manifestare voglia dire alimentare questa fede. Ed è davvero una gioia incontrare e parlare e condividere momenti con quelli che, sempre meno nel sottobosco, credono!
"Non abbiate paura!". Ci ho riflettuto tanto e penso siano davvero le parole con cui voglio ricordare Giovanni Paolo II perché valevano allora come adesso come in futuro.
In ogni momento, davvero:
"NON ABBIATE PAURA!"

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