sabato 23 dicembre 2006

Addio Welby

Piergiorgio Welby è morto. È stato sedato e quindi è stata “staccata la spina”. Come aveva chiesto. Seguendo la sua volontà.
I radicali avevano annunciato la disobbedienza civile e, adesso, da cattolica, dico che hanno avuto coraggio.
Applicare l’eutanasia è più facile su se stessi che su gli altri, ma in ogni caso non è comprensibile che un Paese non abbia una legge che regoli il problema e che, anziché discuterne seriamente, andando al “nocciolo”, liquidi tutto con “l’Italia è un Paese con una forte morale cattolica”. Questa, e lo dico nuovamente da cattolica, è una scusa imbecille per non affrontare un problema in termini sostanziali.
Welby avrebbe atteso invano un atto del nostro Parlamento, diciamo l’amara verità. E forse avrebbe pure rischiato che la questione che a lui stava tanto a cuore e di cui si era fatto paladino – la libertà di scelta – finisse nel dimenticatoio non appena la cronaca avesse portato in vista qualche altro succoso argomento.
FATE UNA LEGGE. Perché oggi più che mai è importante che ci sia una legge che stabilisca un qualcosa di certo, dei limiti, delle condizioni che diano un minimo di certezze ai malati e a tutte le persone che sono loro vicine.
Questa non è una richiesta perché l’eutanasia diventi una prassi: non siamo a Sparta, per fortuna. Ma fate in modo che caso per caso possa esserci una valutazione delle condizioni sanitarie, fatta da medici competenti, fate in modo che – come per la donazione degli organi – sia valida e obbligatoria una manifestazione di volontà scritta di ogni individuo, anche reversibile, perché no: la materia è talmente importante – la vita – che è legittimo lasciare anche la possibilità di cambiare idea, anche e proprio nel momento in cui ci si chiede se sia il caso di applicare l’eutanasia.
Fare gli struzzi è un gran cattivo esempio, secondo la morale cattolica.

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