sabato 24 febbraio 2007

Sa Sartiglia: rito e magia a Oristano










A Oristano, dal 1500, la domenica e il martedì di Carnevale si corre una giostra equestre, con i cavalieri in maschera, Sa Sartiglia, chiamata anche “corsa alla stella”. I cavalieri, infatti, che indossano i costumi tradizionali di vari paesi della Sardegna, percorrono al galoppo via Duomo, da piazza Mannu fino a via S. Antonio: un percorso lungo il quale è appesa a un nastro verde una stella d’argento, con un foro al centro. I partecipanti, usando una spada, devono cercare di prendere al volo la stella. Più se ne prendono, più l’annata sarà buona.
Sa Sartiglia, infatti, è una festa legata ai ritmi delle stagioni e all’andamento dei raccolti: tutto questo è rappresentato da “su Componitori”, il capocorsa, che come gli altri cavalieri indossa sul volto una maschera di ceramica inespressiva e misteriosa. “Su Componitori” è l’uomo che, dopo il rito della vestizione, diventa dio. Un dio pagano e androgino, che raccoglie in sé gli elementi chiave del maschile e del femminile: la forza e la fecondità.
La corsa della domenica è organizzata dal Gremio di San Giovanni, o dei contadini, mentre quella del martedì compete al Gremio di San Giuseppe, o dei falegnami. Ogni Gremio sceglie il suo capocorsa nel giorno della Candelora, il 2 febbraio: sarà lui ad aprire la corsa, dopo la sfilata della “corte” di Eleonora d’Arborea (l’ultima “giudichessa” del Giudicato d’Arborea), incrociando la spada sotto la stella con “su secundu Componi”. Quindi compirà la prima discesa, seguito dai cavalieri prescelti, in genere divisi in gruppi di sette.
Quest’anno sono state 23 le stelle prese il martedì grasso, mentre domenica il bottino era stato di 19 stelle. Anche quattro amazzoni hanno corso martedì e due di loro hanno conquistato la stella.
Il compito di chiudere sa Sartiglia tocca sempre a “su Componitori” che corre l’ultima “discesa” con “s’istoccu”, un bastone di legno, anziché con la spada.
La conclusione vera e propria è l’ultima discesa de “su Componitori” al galoppo sfrenato, con le redini lunghe e la schiena a toccare la groppa del cavallo, mentre diffonde l’ultima benedizione con “sa pippia e maiu”, uno scettro fatto di violette.

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