lunedì 28 luglio 2008

Ricordi e curiose coincidenze

Capitano delle coincidenze curiose nella vita, ogni tanto.
Quando qualcuno mi chiede perché voglio fare la giornalista, la mia prima risposta è che quest’idea mi è venuta a 16 anni, andando allo stadio a vedere le partite del Cagliari. Volevo fare la telecronista.
La seconda forte spinta, ma questo mi capita di dirlo molto meno spesso (forse perché risponde a una domanda ancora più impegnativa, tipo «chi consideri un ‘maestro’, una buona fonte d’ispirazione?») l’ho avuta leggendo Tiziano Terzani.
Venerdì ho scoperto che una delle mie colleghe qui all’Ansa, lo ha conosciuto: «Era un grande amico di mio marito», mi ha detto, mentre entravamo in ascensore. E ha iniziato a raccontarmi del suo entusiasmo, di quello che lei ha definito il suo “coraggio” nel non accettare compromessi.
«Non è da tutti – ha detto – è chiaro, ma lui era una persona dall’animo ‘puro’, e non nel senso di ‘animo candido’. Ed era una di quelle poche persone, tra gli amici che abbiamo, che stavi ad ascoltare senza stancarti mai».
Certamente, non è da tutti, non capita a tutti di poter vivere e scrivere per trent’anni in Asia, in quell’Asia che è passata – anche e soprattutto dolorosamente – alla storia, con la Corea, il Vietnam, la Cambogia… Ma senza dubbio dalle sue righe si capiva di aver a che fare con una persona che qualcosa di fuori dal comune ce l’aveva sicuramente.
Leggendo i suoi libri, “eri lì”. E la stessa sensazione ti riprende quando vedi un film che parla degli stessi temi: davanti a ‘Full Metal Jacket’ e a ‘Urla del silenzio’, quello che vedi è proprio quello che avevi in mente quando provavi a immaginare i luoghi leggendo i suoi libri.
Ma quello che in fondo mi piaceva, e mi colpiva, era il suo sentire umano, che passava attraverso la carta, attraverso le sue foto in bianco e nero sul retro della copertina.

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