martedì 14 ottobre 2008

Giornalista o impiegata?/2

È passato più di un anno da quando mi sono posta questa domanda una volta. Ieri ho detto alla persona che me l'aveva instillata che ho scelto da che parte voglio stare. E lui mi ha detto, sorridendo: «Ne sono contento!».



Quella volta avevo fatto alcune considerazioni, espresso dubbi. Oggi, se ci ritorno, posso aggiungere queste cose. Innanzi tutto, parto dalla seconda considerazione: ormai posso dire di avere prove sufficienti della mia capacità di poter provare a fare questo lavoro. Così come per me conta sapere, allo stesso modo, mi sento di dire che per me conta anche il fatto di poter poi raccontare a qualcuno. Tenendo presente che chiunque non sia interessato, è libero di ignorare, all'insegna di quella «libertà di scrivere che non può ammettere il dovere di leggere». Quanto alle modalità del lavoro, ci sono numerosi aspetti critici, ma che dire? Star fuori ad aspettare che qualcun'altro cambi le cose, non mi sembra adeguato né accettabile.

Passando alla riflessione successiva, mi chiedevo allora se valeva la pena fare la vita che un mestiere ti chiede di fare. Ora, partendo dal fatto che non credo ci sia nulla di messianico in questo lavoro, ma che al contrario servano dosi massicce di umiltà e umanità, penso che a volte capiti che un certo particolare lavoro sia la tua vita. Non nel senso che la rappresenta a 360°, privandoti di qualunque altro spazio, ma nel senso che ciò che ti dà, è semplicemente la risposta alla tua ricerca, è l'ingranaggio che mette in moto la tua soddisfazione.

Infine, faccio un passo indietro e torno sulle domande iniziali, sulla differenza che corre tra un giornalista e un impiegato, sui pregi e i difetti di ciascun ruolo. In questi due anni, credo di essere arrivata alla conclusione che, partendo da principi imprescindibili, non esiste un unico modo giusto di porre una domanda, di riflettere su una risposta, di cercare un dato, di raccontare una sfumatura. Ho scoperto che i giornalisti non sono solo persone estroverse. O presuntuose. O affette da manie di protagonismo. Ho incontrato grandi lavoratori, alcuni veri professionisti (professionisti "dentro" potrei dire, indipendentemente da quello che sta scritto su un albo), persone pignole, altre argute, pacifiche, svagate, timide. Insomma, è una questione di complessità e questo è confortante, in fin dei conti. Molteplicità, dentro e fuori.
A questo aggiungerei, per quel po' di esperienza fatta, che certe capacità - come "avere almeno un'idea al giorno" ;-) - possono essere allenate e sviluppate.

Dunque, ho scelto: giornalista.

4 commenti:

LM ha detto...

in bocca al lupo per la tua scelta. :)

kla ha detto...

Crepi!!! :-)

Anonimo ha detto...

Sempre la mitica testarda e coerente :D
Mi dici quando potrò leggere un tuo articolo dove apparirà?;)
ps: un giorno di questi ti scrivo chè voglio sapere cosa mi sono persa da quando le nostre strade si sono (incrociate e ) divise a Urbino...

kla ha detto...

@True: Ti terrò aggiornata! E aspetto la tua mail perché voglio sapere anch'io che cosa hai combinato da allora... :-)
Un bacione,
kla