In fondo dove va un mondo che se ne frega di chiunque non sia veloce, non sia ricco, non sia industrializzato? Questa volta si parla di Africa, ma non è diverso ogni giorno in ogni paese. Bussare alla porta della coscienza, fa rumore; aprire, è costoso; chiudere, è codardo ma anche "umano".
Mi piace che il tema, la richiesta, non siano solo i fondi, i soldi, il sostegno al continente nero (se c'è un "grande fratello", allora mi piacerebbe che fosse l'Africa!), ma la giustizia: il giusto, un concetto che appartiene a religioni, filosofie, teorie giuridiche e... Il giusto, che spetta a tutti in relazione al bene e al male, a ciò che si è fatto o non fatto, il giusto che però rispetta la dignità prima di tutto.
"Ci siamo riuniti per una dichiarazione di interdipendenza" ha detto Will Smith a Philadelphia, mentre ogni 3 secondi schioccava le dita, al ritmo della morte dei bambini africani. Mi piace l'idea dell'interdipendenza: questo è l'aspetto che condivido della globalizzazione. C'era uno slogan una volta in una manifestazione dei cosidetti "no-global", diceva: "Globalizziamo i diritti". Quei diritti che la storia ci ha insegnato a considerare fondamentali, consegnandoceli sotto forma di dichiarazioni solenni, come nel 1776 a Philadelphia appunto o un secolo dopo a Parigi, o poco meno di sessant'anni fa a New York, all'assemblea dell'ONU.
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