Roma, Londra, Johannesburg, Berlino, Mosca, Tokyo, Toronto, Parigi, Philadelphia: mentre scrivo in alcune di queste città si stanno ancora svolgendo i megaconcerti di beneficenza del Live8, a sostegno dell'Africa. In fondo dove va un mondo che se ne frega di chiunque non sia veloce, non sia ricco, non sia industrializzato? Questa volta si parla di Africa, ma non è diverso ogni giorno in ogni paese. Bussare alla porta della coscienza, fa rumore; aprire, è costoso; chiudere, è codardo ma anche "umano".
Mi piace che il tema, la richiesta, non siano solo i fondi, i soldi, il sostegno al continente nero (se c'è un "grande fratello", allora mi piacerebbe che fosse l'Africa!), ma la giustizia: il giusto, un concetto che appartiene a religioni, filosofie, teorie giuridiche e... Il giusto, che spetta a tutti in relazione al bene e al male, a ciò che si è fatto o non fatto, il giusto che però rispetta la dignità prima di tutto.
"Ci siamo riuniti per una dichiarazione di interdipendenza" ha detto Will Smith a Philadelphia, mentre ogni 3 secondi schioccava le dita, al ritmo della morte dei bambini africani. Mi piace l'idea dell'interdipendenza: questo è l'aspetto che condivido della globalizzazione. C'era uno slogan una volta in una manifestazione dei cosidetti "no-global", diceva: "Globalizziamo i diritti". Quei diritti che la storia ci ha insegnato a considerare fondamentali, consegnandoceli sotto forma di dichiarazioni solenni, come nel 1776 a Philadelphia appunto o un secolo dopo a Parigi, o poco meno di sessant'anni fa a New York, all'assemblea dell'ONU.

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