sabato 17 febbraio 2007

Viaggio sola

Ieri sono tornata a casa per una provvidenziale settimana di vacanza a metà febbraio, utile a digerire il primo mese di lavoro e le più nette avvisaglie di come sono le persone e di come sono io…

A parte questo, ieri mi sono goduta intensamente il viaggio da Urbino fino a casa. Ero stanca. Da una settimana intensa, da un giovedì notte che è durato fino alle due, anche se senza troppo entusiasmo, da giorni di fatiche, uscite ed emozioni pregresse.

Ho preso l’autobus per Pesaro verso le due e mezza e mi sono addormentata quasi subito… Non ho visto neppure il cartello “Urbino – fine” e anche se sentivo il chiacchiericcio continuo di un paio di studenti diretti a Milano e Venezia, non c’è stato niente da fare: i miei occhi volevano solo chiudersi e la mente lasciarsi andare a recuperare spazio per respirare.

Quando sono arrivata in stazione, mi sono fiondata al bar per un caffé macchiato, addolcito da una doppia bustina di zucchero di canna, e poi mi sono concessa un Bacio, timorosa che almeno uno di quelli regalati mi avesse procurato amarezza, anziché la dolcezza a cui è destinato per sua natura (commerciale).

Ho preso “Internazionale” in edicola e poi ho aspettato il treno. Ho letto, mentre fuori dal finestrino c’era una nebbia da pianura Padana e all’arrivo Bologna era brulicante. Non so, sarà per il contrasto con Urbino, che è un po’ una città da fiaba, dove tutto è sospeso e spesso la modernità, il chiasso, la confusione mi danno l’idea di essere fuori luogo (e forse è anche per questo che ce n’è poco), però il marciapiede all’interno della stazione, la signora del tabacchi dove ho preso il biglietto dell’autobus e poi la gente fuori che arriva, va, ritorna, parcheggia, porta le proprie valigie… Calma e frenesia, insieme. Forse è per questo che Bologna e i suoi abitanti mi piacciono. Come un'altra ragione per cui Bologna ha un effetto magnetico è quella lunga spaccatura sigillata di vetro che si affaccia sul binario 1. Tu guardi dentro e c’è la vita, quella che sta dentro alla sala d’attesa di una stazione ferroviaria. Tu guardi dentro e hai la fredda sensazione che quella vita sia congelata. Attraverso quel vetro, quella trasparenza guardi in un buco nero, quello della Storia. Ogni volta che passo per quella stazione penso a quel vetro, anche se non ci passo davanti. E ogni volta passare attraverso la Storia mi da un nauseante brivido.

L’aeroporto non era troppo trafficato, invece. Negozi chic, merchandising vario, persone stanche che tornano a casa, oltre il mare, dopo una giornata di lavoro. Ho dormito anche sull’aereo, mentre i fastidi si dissolvevano nell’aria (è proprio il caso di dirlo) e già mi chiedevo «…ma perché ero irritata?» senza ricordarmi motivi sufficientemente validi.

Mentre l’aereo atterrava, i miei hanno visto Gigi Riva, probabilmente di rientro da Roma, attraversare l’aeroporto con due valigette in mano. Questione di minuti… peccato!

Alla fine sono sbarcata anch’io, i cartelloni del “Master&Back” non ci sono più, ho aspettato che il nastro cominciasse a scorrere e poi ho attraversato le porte di vetro. Da quel momento, praticamente, ero a casa.

4 commenti:

Andrea (sdl) ha detto...

Della serie : home sweet home. :)

Spero tu non abbia avuto grossi problemi :) Io torno ora da londra e ti dirò : è una città stupenda. te la consiglio!

Andrea (sdl)

kla ha detto...

Londra era una delle potenziali mete di questa settimana di vacanza, ma poi è saltata...ma almeno mi riposo!;-)
A presto!

Anonimo ha detto...

home is where I wanted to go.
ti auguro una settimana di pace e affetto, kla.
un bacio,
filo

kla ha detto...

Altrettanto anche a te, filo.
E grazie della tua presenza!:-)
Un abbraccio