domenica 8 aprile 2007

Cristo è risorto… venti minuti fa!!

Durante questo fine settimana di Pasqua ho seguito alcune funzioni religiose: la via Crucis al Colosseo venerdì, la Messa di mezzanotte ieri sera qui nel mio paese e stamattina, di sfuggita, un pezzo della Messa in latino da San Pietro.
L’impressione che ho della Chiesa in questo periodo non è positiva. Ribadisco, come sempre, lo dico continuando a considerarmi cattolica.
Dopo l’esperienza fatta a Colonia, per quanto cosciente che era solo un passaggio (questo, tra l’altro è il significato del termine Pasqua, come mi ricorda Filo), pensavo che sarebbe stato più difficile sentire un tale senso di lontananza.
Dissento profondamente da chi identifica la Chiesa con la gerarchia: questa non è che l’appendice più evidente, ma non per questo più esaustiva. L’idea stessa di Chiesa fa riferimento al gruppo nel senso più ampio del termine: “Chiesa siamo noi” recita un verso di una canzone che cantavamo con il coro quando ero piccola.
Il punto è che, come in altre situazioni, l’insieme indistinto viene individuato attraverso poche figure visibili: oggi si chiamano Benedetto XVI, Camillo Ruini, Angelo Bagnasco, Giuseppe Betori…
Se da una parte mi disturba immensamente l’idea che un cattolico “x” venga identificato – senza neppure interpellarlo come se si trattasse di una domanda retorica – come persona che condivide al 100% e senza discutere opinioni espresse per lui da una gerarchia che dovrebbe rappresentarlo, ma che – come sta accadendo oggi per quanto mi riguarda – non lo fa, dall’altra mi disturba in maniera altrettanto forte l’atteggiamento impositivo adottato negli ultimi mesi dalla Chiesa.
Mi disturba perché in questo tipo di imposizioni io vedo non solo palesi tentativi di intromettersi nella vita politica italiana, che vanno oltre il semplice e lecito esprimere un’opinione, ma soprattutto l’ignorare quelli che sono principi fondanti per un cattolico: la solidarietà, la comprensione, la pietà, la carità.
Un cattolico non dovrebbe giudicare, non dovrebbe porre etichette. Non solo per questioni di principio, ma perché, se queste non dovessero essere sufficienti, un cattolico dovrebbe avere buona conoscenza della storia della propria religione da sapere che cosa ha comportato l’essere etichettato “cristiano”.
Perché mi chiedo etichettare l’omosessuale come un malato? E perché equipararlo a un pedofilo?? Perché negare la comunione a un divorziato? O il funerale a un malato terminale che ha chiesto l’eutanasia, equiparandolo a un suicida?
Questo quando appunto “Cristo è risorto… venti minuti fa!!” perché il parroco del mio paese se ne frega degli orari, li cambia a suo piacimento e arriva persino mezz’ora in ritardo (e non si tratta di un evento eccezionale), quando la Messa la si vuol dire in latino, una lingua importantissima nella storia, ma – con rispetto parlando – “morta” . Se mio figlio non farà il liceo perché preferirà fare qualcos’altro, dovrà sentirsi tagliato fuori ogni volta che entrerà in una chiesa? Io stessa lo sono oggi perché il latino non lo so.
Ma soprattutto, come aspettarsi partecipazione se il primo strumento utilizzato è il muro contro muro invece che il dialogo?

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