mercoledì 6 febbraio 2008

Due o tre cose sul Pd e le elezioni che verranno

Tra poco più di due mesi, ormai è certo, ci saranno di nuovo le elezioni politiche e i fatti delle ultime settimane, preceduti da quelli degli ultimi mesi, mi spingono a scrivere queste riflessioni.
L'annuncio del giorno è che il Partito democratico correrà da solo, anche al Senato, e sembra così che la scelta sia quella di chiudere la porta a tutti i piccoli partiti, dell'estrema sinistra e di centro, che hanno "funestato" la legislatura che si sta per concludere. Ora che, con la campagna elettorale, si parlerà più che mai di partiti, idee, programmi, ecc. ci sono un paio di cose che non mi spiego.
La prima: "l'allergia"- vera, apparente o presunta - del popolo italiano per il sistema elettorale maggioritario. Prima di tutto, devo dire che mi fa orrore l'idea di andare a votare nuovamente con una legge elettorale che fa schifo (e faccio una grande colpa al governo Prodi di non averla modificata quando era ancora in tempo). Non mi capacito, comunque, in generale dell'importanza che viene data in questo Paese a formazioni politiche che, con rispetto parlando, vanno dal piccolo all'insignificante in termini di peso politico e del perché esiste ancora una strenua lotta in difesa di sistemi elettorali proporzionali, perlopiù privi di adeguati mezzi di sbarramento, che hanno generato almeno 50 - e dico 50 - anni di instabilità. Per la cronaca e per rinfrescare la memoria, infatti, fino all'ultimo governo Berlusconi (2001-2006) nessun esecutivo aveva terminato la legislatura. A prescindere dai contenuti, direi che è importante sottolineare che quel governo era stato eletto con un sistema che era, almeno per il 75% dei seggi, maggioritario. Sistema che era stato scelto dagli stessi elettori con un referendum nel 1993.
Più esattamente quello che non mi spiego è perché un sistema come il maggioritario, che garantisce più stabilità e non ostacola l'alternanza, sia considerato meno democratico.
Questo si lega, dritto dritto, con la seconda questione: l'avversione di persone che più o meno si riconoscono nel centrosinistra (o, in mancanza d'altro, non si riconoscono nel centrodestra) per il Partito democratico e per Walter Veltroni. Partiamo dal primo: oggi ho sentito dire "il Pd è un insieme di ex comunisti e di ex democristiani che non hanno nulla in comune". Ora, io credo che il Pd non sia perfetto e abbia dei problemi (per citarne uno, mi viene in mente la Binetti...) però mi chiedo: è davvero impossibile che all'interno di una stessa formazione politica possano coesistere visioni e idee diverse? (A scanso di equivoci, non stiamo parlando di fascisti e non global insieme nella stessa lista, eh!). Io non credo che il Labour inglese o il partito democratico americano siano così monolitici al loro interno, sia come esponenti sia come elettori: eppure in entrambi i casi parliamo di Paesi democratici, con dei difetti, ma certamente democratici.
Oltre a questo non capisco perché ci lamentiamo tanto del fatto che i nostri politici siano vecchi all'anagrafe e nel loro modo di fare e pensare la politica, per poi riversare (anzi, lasciatemelo dire: sprecare) voti su partiti che si basano su ideologie e leader che definire cariatidi è poco. Per capirci, mi riferisco a personaggi come Bertinotti, Diliberto & co.
Certo - e qui arriviamo a Veltroni - anche il leader del Pd non è proprio un giovanotto di primo pelo: ha 52 anni, la sua militanza politica è iniziata nella Federazione giovanile comunista italiana, nel 1976 fu eletto consigliere comunale a Roma e poi deputato nel 1987. Tuttavia per il pubblico medio, al quale credo più o meno di appartenere o almeno di essere appartenuta, ha avuto l'accortezza o forse non ha avuto l'opportunità per mettersi troppo in prima fila e questo ora gli da una "vernice di nuovo" che manca a molti altri nel centrosinistra.
Ampliamo il discorso ora e arriviamo, infine, alle elezioni. Considerando che l'alternativa è Berlusconi e una CdL riesumata al volo - da quelle stesse galline che, fino a 15 giorni fa (per abbondare) si stavano reciprocamente sparando adosso senza ritegno e ora si sono rimesse prontamente in fila per uno pronti alla riconquista delle poltrone - non mi pare un'idea così folle "turarsi il naso" e votare il Pd, anziché buttare il voto in partitini che, oltre a non avere la potenzialità per governare, sono dichiaratamente e per loro stessa ammissione partiti d'opposizione.
Immagino che quello che ho appena scritto andrà di traverso a parecchia gente, ma il mio discorso è semplicemente pragmatico (inteso come "senso pratico"): partendo dal presupposto che credo che sarà molto difficile che il centrosinistra vinca le prossime elezioni, penso che l'Italia abbia bisogno di un governo serio, che faccia riforme vere, che sia disposto a fare scelte lì per lì impopolari ma efficaci sul lungo termine e non credo che questo si possa ottenere votando Rifondazione piuttosto che qualche altra formazione estemporanea.
Davvero, non voglio mancare di rispetto a chi ha certe convinzioni politiche, solo credo che siano improduttive e inapplicabili. E credo che non ci possiamo permettere più di tanto il lusso di fare gli idealisti naif se ci interessa almeno provare a cambiare qualcosa. Sono un'idealista? Suppongo di sì, visto quello che vedo e sento. Però resto curiosa di vedere se questa scelta del Pd di candidarsi da solo - seppure sembra premettere a una sconfitta nell'immediato - sarà in grado di aprire una pista nuova nella politica italiana: il bipartitismo.

2 commenti:

Unknown ha detto...

fatico a trovare pecche nel tuo ragionamento...la conclusione mi sembra inevitabile...di sicuro dopo aver visto il sorriso di "mi consenta" al tg1 stasera con i suoi slogan da "grande fratello" di alternative al voto non ve ne sono così tante. E anche se non è bellissimo andare alle urne per votare contro qualcuno...bé, è necessario...se non altro si tratta di legittima difesa

kla ha detto...

Legittima difesa! Bella questa!:-D
Ahinoi, purtroppo è vero...