giovedì 10 luglio 2008

Non fateli lavorare!

Ordine dei giornalisti: no agli stagisti in produzione

Il Comitato Esecutivo del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ribadisce che gli stagisti delle scuole di giornalismo non possono essere utilizzati in alcun modo in produzione, né tanto meno impiegati al posto di personale mancante.

Anzi, il nuovo “Quadro di Indirizzi” dispone l’apertura di procedimenti disciplinari nei confronti di quei responsabili giornalistici, dai direttori ai capi settore, che utilizzino gli stagisti in maniera impropria.

Per questa ragione, si invitano i Comitati di redazione a vigilare sulle situazioni in atto e a segnalare tempestivamente all’Ordine, con precise indicazioni, tutte le eventuali violazioni per le opportune, immediate iniziative. (2 luglio 2008)


Ecco che cosa dice di noi, praticanti, regolarmente iscritti a un'Ordine regionale - e quindi paganti - l'Ordine nazionale dei giornalisti: non fateli lavorare!

Ma la cosa interessante che vorrei sottolineare è che gli stagisti che non possono lavorare sono solo quelli che provengono dalle scuole di giornalismo, cioè gli unici che, essendo praticanti giornalisti - avrebbero titolo a farlo.

Nelle redazioni non è raro incontrare stagisti che provengono invece dall'università (se non stagisti recuperati in modi vari ed eventuali), che non sono iscritti come praticanti e che lavorano (o stanno a guardare, a seconda dei casi) con lo stesso titolo con cui lo facciamo noi.

Non intendo partecipare o anche solo sponsorizzare una guerra tra poveri, quale potrebbe essere quella tra gli stagisti praticanti provenienti dalle scuole di giornalismo e gli stagisti provenienti dalle università. Quello che voglio sottolineare è l'assoluta mancanza di considerazione che l'Ordine nazionale dimostra di avere per quelle che dovrebbero essere le nuove leve della professione.

Io sono convinta (e l'ho scritto giusto un paio di post fa) che in Italia manchi totalmente una cultura di insegnamento del mestiere di giornalista. Si impara nelle redazioni, punto e basta. Non c'è tempo e spazio neppure per discutere. Questo dicono molti - troppi - di quelli che sono "arrivati". Chiaramente non vale neppure la pena chiedere a qualcuno che ha fatto l'esperienza di frequentare una scuola che cosa ne pensa. Allo stesso modo non vale minimamente la pena chiedersi "e come si fa a entrare in una redazione?", specie di grosse dimensioni, se non tramite una scuola? Non mi soffermo neppure su altri tipi di "corridoi"...

Quello che comunque mi indigna è il fatto che l'Ordine nazionale diffondendo questi comunicati dimostra di non voler "allevare" giornalisti con un minimo di preparazione culturale, unita all'esperienza maturata sul campo. Dimostra semplicemente di non aver nessuna fiducia - perché non ha nessuna conoscenza in merito - in quello che si fa all'interno delle scuole. Quest'anno sono state fatte delle ispezioni e sono trapelate notizie (che poi l'Ordine ha rapidamente smentito) su classifiche relative alle scuole stesse: i risultati, concedendo pure il beneficio del dubbio sul fatto che fossero o meno veri, erano perlomeno sorprendenti.

Da questo mi sembra possibile dedurre che è più comodo riconoscere praticantati di facciata (perché questo succede in molte piccole redazioni locali, dove a turno i redattori sono assunti come praticanti per poter poi accedere all'esame di Stato; e si badi che solo 1 su 5 dei candidati all'esame di Stato arriva da una scuola di giornalismo), piuttosto che tentare di definire una strada univoca, selettiva e meritoria per accedere a questo lavoro. Eh sì, selettiva perché viste le condizioni del mercato, in questo caso, ritengo necessario e corretto formare un certo numero di futuri giornalisti "con la testa avvitata sul collo", come si dice, piuttosto che permettere a chiunque e per vie quantomai varie e fantasiose di occupare un posto in una redazione senza aver sufficiente cognizione di causa di come vanno le cose nel mondo.

Un'altra forma di casta? No, io dico di no. Quello che chiedo è un modo serio di accedere alla professione. Perché quello che vedo da parte dell'Ordine e, spesso anche da parte dei colleghi che incontro nelle redazioni, è solo una scarsa considerazione delle nostre capacità e della nostra professionalità. Qualcuno mi spiega gentilmente che cosa ho io di diverso da un praticante che ha un contratto, oltre a non ricevere uno stipendio? Qualcuno è per caso in grado di dimostrare scientificamente e inoppugnabilmente che un praticante che viene da una scuola ha minore potenziale, minore cultura o minori capacità rispetto a un redattore con contratto da praticante?

Potevo anche capire che il sindacato ci remasse contro perché capita che gli stagisti, praticanti e non, sostituiscano colleghi in ferie o colleghi che non ci sono proprio, ma da un Ordine che ha il compito di tutelare la categoria e soprattutto quel bene intrinseco che è l'informazione, mi aspetto ben altro che comunicazioni come quella che qui sopra.

E poi, per finire, sfatiamo un mito: nelle scuole di giornalismo, non si va a perdere tempo - non in quella che ho frequentato perlomeno -, non si fa la ricreazione come alle elementari e nemmeno le gite di istruzione. Quindi smettetela di guardarci come bambini che giocano a fare i giornalisti. Pago le tasse di iscrizione all'albo tanto quanto voi, miei cari colleghi (perché, sì, lo siamo ormai). E non sono nemmeno tutelata.


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