giovedì 1 gennaio 2009

Il narratore sincero

Lo spettacolo di Marco Paolini, La macchina del capo, è appena finito e mi sono messa di corsa a scrivere per non perdere l'emozione.
A me Paolini, o anche solo Marco, l'ha fatto conoscere Ste che, come al solito, più silenziosa della media, sa avere idee chiare e lasciare tracce indelebili. Se non ricordo male, il primo spettacolo che abbiamo visto insieme fu I-Tigi. Racconto per Ustica e da allora spesso, forse quasi sempre, quando sto per salire sulla scaletta di un aereo me li ricordo questi Tigi, me li immagino, che corrono per salire per primi, per prendere un posto che, il più delle volte, è stato già assegnato e anche se il volo è low cost (opzione non prevista nel 1980) il posto c'è comunque. Hanno facce diverse ogni volta e io, a dire la verità, nemmeno le guardo, ma sono sempre loro: I-Tigi.
Poi è stata la volta di Vajont, visto alla tv, in cucina con Sa, che la prima volta che sono andata a trovarla a casa sua mi ci ha portato a vedere davvero la diga, a vedere quanto è alto dal parapetto della diga giù fino alla cima della terra che si è accumulata dopo la frana.
Poi c'è stato Parlamento chimico, visto sempre al Rossetti, a Trieste: una lunga difficile tirata tra chimica e finanza. Indimenticabile quando a un certo punto, facendo pensare ad alta voce l'operaio che accompagna lo scienziato dentro agli stabilimenti del petrolchimico di Marghera, questi dice "Però, per essere un dottore, uno che ga studià, ne dice di bestemmie questo... Diossina!".
L'ultima volta, dal vivo, sempre al Rossetti, Il Sergente, la commozione che ti fa sentire ogni volta ogni storia come se fosse anche un po' tua.
Nel mezzo, ci sono stati, sparpagliati qua e là, Gli Album - quelli dove dopo una serata di baldoria, "eravamo in quindici stesi per terra in piazza, sette e mezzo per la questura" e Bhopal e altri...
Tutto questo per arrivare a un punto: si nasce narratori. E quello che fa il narratore è la sua sincerità, quella che porta con sé ancora pudore, ma non vergogna.
Non so se sono narratore, ma credo che mi piacerebbe esserlo. Un narratore lo ricordi per la sua sincerità, perché ha un "tocco", ma sa essere tanto trasparente da far ricordare la storia più che la propria abilità.

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