martedì 8 novembre 2005

A proposito di blog 2: il ritorno

All’inizio della mia “avventura” come blogger avevo espresso dei dubbi a proposito di cosa potesse servire tenere un blog (vedi Zappa sui piedi), dubbi che riguardavano prima di tutto me stessa.
Scrivendo, devo ammettere che c’ho preso sempre più gusto e oggi mi è capitato di leggere su un libro di un giurista americano, Lawrence Lessig, alcune argomentazioni condivisibili in favore dell’esistenza dei blog, che aggiungo volentieri a quelle che ho scoperto con la pratica. Quello che segue è un estratto: buona lettura!

«L’11 settembre non è stata un’anomalia. È stato un inizio. All’incirca nello stesso periodo, stava entrando nella coscienza popolare una forma di comunicazione, cresciuta in seguito enormemente: il Web-log, o blog. Si tratta di una specie di diario pubblico e, nell’ambito di certe culture, come in Giappone, funziona forse come un diario. […]
Ma negli Stati Uniti, i blog hanno assunto una connotazione alquanto diversa. Alcuni ne usano lo spazio semplicemente per parlare della propria vita personale. Ma altri lo fanno per partecipare a una discussione pubblica. Dibattere questioni di importanza collettiva, criticare altri che, secondo loro, stanno sbagliando, offrire soluzioni a problemi che sono sotto gli occhi di tutti: i blog creano la sensazione di una assemblea pubblica virtuale, ma di un tipo a cui non intendiamo partecipare tutti contemporaneamente e in cui le conversazioni non sono necessariamente legate tra loro. Gli interventi migliori dei blog sono quelli relativamente brevi: riportano direttamente stralci di discorsi altrui, per criticarli o integrarli. Rappresentano probabilmente la forma più importante di dibattito pubblico non organizzato di cui disponiamo. È un’affermazione forte. Eppure la dice lunga tanto sulla nostra democrazia quanto sui blog.
[L’autore si riferisce agli Stati Uniti, ma l’affermazione mi pare appropriata anche per l’Italia, n.d.r.] […]
Noi, la democrazia più potente del mondo, abbiamo sviluppato una solida abitudine che c’impedisce di parlare di politica. Sta bene parlarne con chi è d’accordo con noi. Ma è poco educato discutere di politica con persone con opinioni diverse. Il discorso politico si fa isolato, e il discorso isolato diventa più estremo. Diciamo quel che gli amici vogliono sentire, e ascoltiamo ben poco al di là di quanto dicono gli amici.
Proviamo a entrare in un blog. È la sua stessa architettura a risolvere parte di questo problema. Si inseriscono testi quando si vuole, e si leggono quando si desidera farlo. […] Le tecnologie che consentono la comunicazione asincrona […] accrescono le opportunità di comunicazione. I blog attivano il discorso pubblico senza che la gente abbia bisogno di radunarsi in un unico luogo.
Ma oltre l’architettura, i blog hanno anche risolto il problema delle regole. Nello spazio dei blog non esiste (ancora) alcuna regola per parlare di politica. Tale spazio pullula di interventi politici, di destra e di sinistra. […] E anche i blog che non sono politicizzati, quando l’occasione lo merita, si occupano di questioni politiche.
Oggi questi blog non sono molto significativi, ma neppure così privi di importanza. […] anche se il numero di lettori è limitato, il fatto che vengano letti sta producendo un certo effetto. Una conseguenza diretta riguarda certi fatti che hanno avuto un ciclo di vita diverso sui grandi media. […]
Tale differenza è resa possibile dal fatto che tra i blog non esiste la stessa pressione commerciale che caratterizza altre attività imprenditoriali. […] i blogger non sono soggetti a simili limitazioni. Possono diventare ossessivi, concentrarsi su un evento, fare indagini serie. […]
Esiste anche una seconda ragione per la quale i blog hanno un ciclo diverso rispetto alla grande stampa […]: riguarda l’assenza di “conflitti d’interesse” di tipo economico. […]
Lo spazio dei blog offre ai dilettanti un modo per entrare nel dibattito – “dilettanti” non perché inesperti ma, come gli atleti alle Olimpiadi, persone che non ricevono alcun compenso per i propri articoli. Ciò consente di avere riscontri molto più ampi su un evento […] E spinge inoltre i lettori a seguire l’intera gamma dei vari interventi e a “triangolare” […] la verità. I blog […] rappresentano “un canale di comunicazione diretta con la controparte, e il mediatore viene eliminato” – con tutti i benefici, e i costi, che questo implica. […]
Molto materiale deve raggiungere un buon livello di maturazione prima che questo spazio possa produrre effetti duraturi. E poiché inserire i contenuti in questo spazio è una delle pratiche in cui si commettono minori infrazioni nell’uso di Internet (se ci riferiamo alle violazioni del diritto d’autore) […] “saremo gli ultimi costretti a chiudere”.
Questa libertà d’espressione ha influenza sulla democrazia […] perché “non si deve lavorare per qualcuno che controlla il flusso dell’informazione”. È vero. Ma l’influenza sulla democrazia si verifica anche in un altro modo. Se un numero sempre maggiore di cittadini esprime la propria opinione, e la difende per iscritto, cambierà il modo in cui le persone giungono a comprendere le questioni pubbliche. È facile sbagliare e commettere errori quando tutto rimane nella propria testa. È più difficile quando il prodotto dei nostri pensieri viene sottoposto alle critiche altrui. Naturalmente, è raro incontrare qualcuno che ammetta di essere stato convinto di aver fatto un errore. Ma è ancora più raro che qualcuno possa ignorare il proprio errore una volta che questo sia stato provato. L’atto di mettere per iscritto idee, discussioni e critiche migliora la democrazia.»

Tratto da Lawrence Lessig,
Cultura libera.
Un equilibrio tra anarchia e controllo,
contro l’estremismo della proprietà intellettuale
,
Apogeo, Milano, 2005,
pp. 24-26.

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